top of page
serpente2.jpg

​

​

(Alla dea oscura)

Guardate un fiume: scorre l’acqua che assume la figura del serpente nelle spire costruite nel suo corso, perché il fiume è fermo nella sua forma che lo definisce, ma fugge nella  corrente che continuamente lo percorre e lo muta. In questo diventa metafora del femminile che si rivela e si nasconde, perché rivelarsi è uscire dalla sua oscurità e accettare come il fiume di essere mobile e nello stesso tempo ferma nella sua definizione che ne rivela l’ambigua natura.

L’essere e il non essere del femminile è paragonabile al percorso che la luna compie nel cielo, nell’oscurità della notte, mutando continuamente forma e luminosità nelle quattro stagioni della sua vita:

  1. primo quarto, metafora della giovinezza

  2. luna piena, espressione della sua maturità

  3. ultimo quarto, la decadenza

  4. la luna nera, che rappresenta l’oscurità nella quale gioca le sue parti come fossero momenti prestabiliti della sua sorte.

Così la sua luce, che appare e dispare nel gioco delle nuvole e ne fissa l’apparenza mutevole, gioca l’inganno continuo del serpente che prima del colpo mortale ipnotizza la sua preda. Lei, la luna, vive di questo continuo apparire-sparire, che solo nell’oscurità del cielo notturno le consente di recitare la commedia dell’esistere, che confonde lo sguardo di chi contempla la sua bellezza. Anzi la sua bellezza consiste proprio nell’eterno cambiamento delle sue forme: e l’amore si insinua proprio tra le dita che non si sa se vogliono accarezzare o distruggere perché questo rientra nel gioco della sua ambiguità.

 

Recensione dell’autore

Serpente d'acqua

bottom of page