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La macchina del tempo

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[…]  Luciano Marconi, che è poeta e conosce i segreti della parola, non si addentra nell’armamentario consueto della fiaba, pur non mancando nei suoi racconti gli animali che parlano, i giganti che frequentano gli uomini, l’animarsi delle cose e delle piante, ma ne afferra il senso riposto, ne accentua il carattere discorsivo e metaforico. Ciò che conta è la coscienza dell’uomo, il rapporto con la sua origine e con le possibilità dell’anima, il riappropriarsi del proprio destino, il tener vivo nell’uomo lo spalancarsi dell’infinito.

Anche se l’aspetto più rilevante, come si conviene ad ogni fiaba, appare quello del linguaggio, che si avvale di un modulo piano, semplice, di grande poeticità, una poesia fatta di piccole osservazioni e rivelazioni della vita, di improvvise illuminazioni, di rappresentazioni inattese delle quotidiane abitudini e dei più ricorrenti pensieri, quelli domestici. Insomma, nell’insieme, si tratta di un uso della parola alla riscoperta della realtà, del modo di essere dell’uomo, della natura. Davvero parola e destino, fama e facondia si attraversano per far pensare dilettando.

 

Dalla prefazione di Franco Loi

Il camoscio con il cielo negli occhi

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Il camoscio non è un animale ma un angelo. Per questo neanche i cacciatori riescono ad avvicinarlo, ma devono usare binocoli e fucili con cannocchiali per vederlo e ucciderlo. Ma in realtà il camoscio non muore...      continua la lettura con un 

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