
La casa rosa
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[…] Cosa può spingere un uomo anziano a usare la scrittura per cercare le origini, la storia interiore della propria vita, per indagarne gli arcani (cioè per tentare, scandagliandone i recessi più remoti, di darle un senso e un significato meno incerto) ? La convinzione, innanzitutto, che nella magia inconsapevole dell’infanzia c’è tutto quanto appartiene alla vita, ne fonde la materia, la colora, la plasma, la modella una volta (un’unica volta) per tutte. Soltanto che il bambino, non sapendo distinguere fra realtà e fantasia, non ha il tempo, e neanche l’urgenza, di farlo: troppo pieno di cose, di eventi, di scoperte, di accesi entusiasmi e di angosciate delusioni, sono le sue giornate. E viene in mente subito il Pavese di Feria d’agosto: « negli anni mitici il bambino ha assai di meglio da fare che dare un nome al suo stato. Gli tocca vivere questo stato e conoscere il mondo ». L’autore di questo libro, fatto di capitoletti molto brevi che ricordano un po’ la prosa d’arte d’un tempo (priva però di indugi lirici e arricchita da un gusto coloristico molto accentuato), fa proprio questa esperienza à rebours: tornando a distanza di molti anni in quella « casa rosa » dove è nato e da dove, uscendo per sempre dalla fascinazione dell’infanzia, dalla « magia della terra piena di gnomi e di tesori », è entrato nella vita.
Dalla prefazione del Prof. Renato Martinoni